DANIELE VITA
La settimana Santa in Sicilia
OPERA VINCITRICE

Quello che presento è una serie di immagini iniziate nel 2010 a Trapani. Andai ai Misteri di questa città per cercare le mie origini. Mio padre, nato nell’agrigentino, migrò nel viterbese quando aveva quindici anni insieme a tutta la famiglia. Sono cresciuto sentendo la mancanza inconscia di metà delle mie origini, ricordo gesti e ritualità di mio padre che per anni ho considerato “diversi” senza cercare nessuna domanda, solo risposte già chiuse, permeate di pregiudizio. La settimana santa si concentra in pochissimi giorni e in questi anni ho percorso migliaia di chilometri in tempi molto serrati, utilizzando quasi sempre la mia automobile come letto, per arrivare il prima possibile all’inizio di un evento religioso.
Il mio viaggio racconta anche di altre processioni più o meno note come quella di Marsala del Giovedì Santo, di Caltanissetta con la Real Maestranza e le Varicedde, del Venerdì Santo ad Enna, La Cerca a Collesano, i Diavoli di Prizzi il giorno di Pasqua e i Giudei di San Fratello.

Daniele Vita

 

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UMBERTO VERDOLIVA
Il tempo degli attimi
SECONDO CLASSIFICATO

Sedimentare un liquido in fisica significa attendere il depositarsi sul fondo di piccole particelle per depurarlo. Lo stesso processo in fotografia lo mette in atto il tempo, depura gli attimi colti con una fotocamera, li ripulisce dalla spinta dell’istinto e li elabora poi in funzione di un racconto.

Fotografare a “memoria” può risultare un esercizio molto difficile, quasi impossibile, fotografare ciò che vedi è un atto, viceversa, immediato mosso da motivazioni più o meno impellenti, ma lasciar sedimentare nel tempo la fotografia vuol dire trasformarla nella sua essenza, modificarla per attribuirle significati diversi.

C’è tale concetto alla base di questo lavoro, ho lasciato alterare dal tempo le immagini, tenendole chiuse per anni in un cassetto, in cui solo ora, portate alla luce, intravedo il mio filo conduttore. Uno sguardo che prende improvvisamente una direzione diversa da ciò che sentivo nel momento della “registrazione” dove solo la rielaborazione, il dare forma ad un contenuto precedentemente elaborato, può significare.

Umberto Verdoliva

 

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FEDERICO ARCANGELI
Pleasure Island

“L’Isola del piacere” mi ha riportato, gioco forza, al mio libro “Il distretto del piacere” pubblicato vent’anni fa, sul finire del secolo. Quel breve testo aveva come oggetto di studio la cosiddetta nuova “fabbrica” territoriale del divertimento che aveva in Rimini lo snodo pioneristico di rete. Ponevo al centro della riflessione la “nuda vita” intesa come propensione nascente a quotare sul mercato emozioni, stili di vita e corpi, mediata dalle professioni creative della nuova economia del piacere, il cui intento era portare nuovi soggetti dentro alla società dello spettacolo. Nasceva un nuovo modo di comunicare, di pensare, di desiderare, poi esploso e amplificato con l’avvento dei media digitali.
Come allora, il reportage di Federico Arcangeli va dentro queste categorie indirizzando lo sguardo dentro la rappresentazione dei corpi.

Aldo Bonomi

 

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ENRICO GENOVESI
Nomadelfia 

Dai termini greci nomos e adelphia, che significa: “Dove la fraternità è legge”.
Nomadelfia è un popolo comunitario, più che una comunità, ed è situato vicino a Grosseto. Un piccolo popolo con una sua Costituzione che si basa sul Vangelo. Fondata nel 1948 nell’ex campo di concentramento di Fossoli da don Zeno Saltini, il suo scopo: dare un papà e una mamma ai bambini abbandonati.
Nomadelfia ha una sua storia, una sua cultura, una sua legge, un suo linguaggio, un suo costume di vita, una sua tradizione. É una popolazione con tutte le componenti: uomini, donne, sacerdoti, famiglie, figli. Per lo Stato è un’associazione civile organizzata sotto forma di cooperativa di lavoro, per la Chiesa è una parrocchia e un’associazione privata tra fedeli. Attualmente conta circa 300 persone, 50 famiglie suddivise in 11 gruppi, di cui quasi la metà bambini e ragazzi, parte pulsante della comunità.
In Nomadelfia tutti i beni sono in comune. Nello spirito dei consigli evangelici la popolazione di Nomadelfia conduce una vita caratterizzata da “sobrietà” cioè secondo le vere esigenze umane.

Enrico Genovesi

 

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FILIPPO VENTURI
Eyes Wide Shut

Venezia e il suo Carnevale hanno sempre esercitato un notevole fascino su di me. Nelle innumerevoli volte in cui mi sono recato nella città, alla ricerca di quelle atmosfere di mistero e trasgressione evocate nei film e nei diari di Giacomo Casanova, sono sempre rimasto deluso da situazioni e intrattenimenti banali e dalla massiccia presenza turistica.
Spinto dalla sfida di voler fotografare il Carnevale di Venezia da un punto di vista diverso rispetto a quello normalmente accessibile e immortalato da milioni di turisti e fotografi, ho cercato di introdurmi nell’evento più elitario della città, “Il Ballo del Doge”, dove ho finalmente trovato le atmosfere che fino a quel momento avevo solo immaginato e scoprendone anche l’aspetto più kitsch.
L’evento è organizzato dall’Atelier di Antonia Sautter, stilista e imprenditrice veneziana, nota per aver collaborato nel 1999 con Stanley Kubrick per la creazione di alcune delle maschere usate nel film “Eyes Wide Shut”.

Filippo Venturi

 

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