8^ Biennale Giovani Fotografi Italiani: Autori 2023

PANAJOT DENNIS BEGAJ
Persona
Panajot Dennis Begaj

“Persona” è un progetto fotografico introspettivo che ha rappresentato per me un percorso terapeutico. Ispirato sia al film di Bergman che all’album musicale di Marracash, questo lavoro si è sviluppato in un periodo in cui mi sentivo emotivamente giù, e di mancanza di interazione col mondo esterno. Un periodo in cui mi sentivo esattamente come le statue, vivo fuori e vuoto dentro. L’isolamento, la solitudine e la sensazione di non appartenere al mondo esterno. la rigidità e l’immobilità delle statue come identità statiche. In esse vedo anche una forma di perfezione esteriore che nasconde una complessità interiore simile a quella che vedevo nelle persone con cui avevo a che fare. La fotografia è stata per me terapia, il mezzo per muovermi e interagire con gli altri; lo strumento per esplorare la dualità dell’essere umano, la maschera che indossiamo per interagire con il mondo esterno e le emozioni che viviamo internamente.

BIOGRAFIA

Nato nel 1994 in Grecia, attualmente vive in Italia. Ha studiato fotografia e cinema a Napoli dove ha anche vissuto per diversi anni. Nel 2018 è stato selezionato dalla FIAF come uno dei migliori under 29 in Italia per il progetto Talent Scout e nello stesso anno è uno degli autori selezionati della 6^ Biennale dei Giovani Fotografi Italiani dal tema “Diritti e Conflitti”. Con un lavoro su Roma è stato pubblicato su Still Fotografia nella sezione Still Young. Negli anni partecipa a mostre e a concorsi. Nel 2018 è al primo posto nel concorso Aternum di Pescara. Ha ricevuto anche una pubblicazione su “Discaded Megazine”, ed è uno degli autori scelti per il suo progetto “XXX#1”.


CAMILLA CALATO
‘Ncantesimo
Camilla Calato

Sono nata una mattina di maggio in un ospedale di Sondrio: tra i fiori, la natura, il clima che iniziava finalmente a farsi mite. Tutto sembrava adattarsi perfettamente, a partire dal nome dell’ospedale: San Camillo. Un segno, no? Ho vissuto nel Nord Italia per 25 anni, una vita. La mia vita. Tra elementari, medie, liceo, università ho cercato di trovare il mio posto. Non mi sono mai sentita a casa. Non completamente. Non ho mai fatto mie le tradizioni, gli usi, la cucina. Sono sempre stata “la napoletana” per i miei amici, la “bambina abbronzata tutto l’anno” per le mie compagne di danza, “la riccia” per i ragazzi che frequentavo. E in effetti mi sentivo così; diversa. Un senso di non-appartenenza strano, che si dissolveva come per magia quando tornavo a Napoli, la città dei miei genitori e di tutto il resto della mia famiglia. “Puff”, di colpo capivo le frasi in dialetto degli anziani per strada, rivedevo sui visi delle ragazze gli stessi occhi scuri, la pelle olivastra contornata da folti ricci. Respiravo arte, cultura, vivacità. Aria di casa. Passeggiavo e mi sembrava di riconoscere in ogni volto la mia gente, le mie strade, i posti di quand’ero bambina, le note struggenti di una fisarmonica suonata per le vie, le risate dei bambini in Villa Comunale, i racconti di mio nonno dei tempi passati. L’allegria. Quella del mandolino, di uno scherzo improvviso, di un consiglio non richiesto. Il calore. Del sole, della gente, capace di addolcire anche l’animo più duro. La forza. Del mare che custodisce questa città e di un popolo che si è rialzato tante volte. L’amore. Quello che lì non manca mai, quello che mi fa sentire a casa in qualsiasi parte del mondo. ‘Ncantesimo è un progetto di collage realizzato nel 2023. Una finestra in epoche passate, uno specchio della realtà di oggi. Un omaggio alla mia amata Napoli e alla sua gente.

BIOGRAFIA
Camilla e la fotografia sono sempre state un’unica cosa. Fin dalle gite scolastiche e dai viaggi in famiglia, è una presenza costante nella sua vita, insieme a scrittura, lettura e arte. Al liceo si è innamorata follemente della storia dell’arte e delle arti figurative in generale e ha capito di volerne fare il suo mestiere. Ha frequentato l’Accademia di Brera, dove si è sentita veramente sé stessa: lì ha capito che il suo sogno è diventare un’artista che utilizza la fotografia come mezzo di espressione. Ultimamente ha scoperto il suo interesse per la fotografia commerciale, dal ritratto, alla street, allo storytelling. È una persona solare, creativa, sognatrice e tenace, e dedicarsi a quello che ama la fa sentire completa e felice.


FABIOLA COLLA
To keep – To leave
Fabiola Colla

Nella lingua italiana i verbi “to keep” e “to leave” hanno molteplici traduzioni: “tenere, mantenere, conservare”; “lasciare, allontanarsi, affidare”. Ciascuna di queste racconta un percorso e sottende la richiesta fatta allo spettatore: di farsi custode. Osservando e rielaborando gli scatti di archivio, realizzati da mio padre, negli anni della sua giovinezza, ho compiuto un percorso volto a porre fine al conflitto tra l’uomo che identifico come padre e la sua effettiva identità, composta anche da esperienze che precedono la mia nascita e rimangono dunque oscure e lontane. Il progetto è composto da tre stazioni (un diario, un atto performativo e delle stampe analogiche) che si propongono di fungere da guida, nel sentiero di una storia altra dalla propria, attraversandola con delicatezza e portando con sé una piccola parte della vita altrui. Un tentativo di riflessione sulla storia della propria famiglia che giocando con la fotografia e la performance, si propone di rendere il pubblico un partecipante attivo. In questa occasione la fotografia perde il suo ruolo di documento, per diventare incipit di un atto, che partendo dal sé si rivolge all’altro.

BIOGRAFIA
Fabiola è una giovane artista visiva nata a Torino e attualmente residente a Bologna. Dopo la laurea in Decorazione I livello presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, sta attualmente concludendo i suoi studi in Fotografia II livello presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Fortemente legata alle tematiche della memoria, della perdita e della famiglia, intesa sia come legame che come costrutto sociale, Fabiola realizza lavori che seguono la direzione del dentro-fuori. Partendo dall’esperienza personale, i progetti compiono uno scarto verso “l’altro”, che diventa creatore attivo del progetto, in una continua ricerca di ibridazione dei linguaggi. Nel biennio 2022-2023 ha esposto presso “Tank Festival di Fotografia Analogica”, è stata in residenza presso Paratissima Factory ed ha esposto presso Artefici del nostro tempo 2022.


MARINA DE PANFILIS
Inside Out
Marina De Panfilis

“Inside Out” è la storia di una ragazza che fin da bambina credeva di essere “diversa” e non accettata dalle altre persone a causa del suo aspetto fisico. Gli stereotipi sono impassibili: ci vogliono con un fisico statuario, magri al punto giusto. Elemento necessario, quasi indispensabile per poter essere accettati e valorizzati da una società sempre più standardizzata. E poi… Ti guardi allo specchio e ti scopri fuori da quei parametri crudeli, quindi diverso. Un senso di angoscia ti porta a chiuderti in te stessa, a nasconderti agli occhi di tutti, a coprire i tuoi “maledetti” difetti. Tutto ciò è difficile da affrontare soprattutto nella vita di una donna. Togliere i veli significa essere confrontata, giudicata e allontanata. Se guardi bene quello stesso specchio attraverso il quale tu, in primis, ti giudichi e dal quale vorresti fuggire, potresti scoprire il tuo vero sé. Ma in fondo cos’è la vera bellezza? È sentirsi bene con se stessi, con quello che siamo. Questo porta a manifestare un senso di fiducia e accettazione che rende “bello ”. La bellezza è uno stato d’animo, non ha né pesi né misure. Infine Inside out è la storia di una ragazza che è riuscita tramite e attraverso la fotografia a dare importanza a ciò che lei “è” al di là dell’aspetto esteriore e di quei confini che ne delineano la figura.

BIOGRAFIA
Marina De Panfilis inizia da piccola ad approcciarsi al mondo della fotografia. Consegue il diploma accademico in fotografia e video presso l’Accademia di Belle Arti di Roma con la votazione di centodieci e lode a dicembre 2022. Intraprende poi gli studi in Art Direction presso l’Istituto Pantheon di Roma dove studia attualmente. Nel 2023 espone una sua foto presso Via Margutta a Roma. Tutti i suoi progetti partono dall’esaminare se stessa e il mondo che ha al suo fianco e la aiutano a percepire la realtà attraverso un diverso punto di vista. Nei suoi progetti spesso sono presenti elementi ibridi che aiutano a rendere funzionali le sue narrazioni.


GIOVANNI GIUSTI
Il vuoto e il resto
Giovanni Giusti

Dentro, il vuoto, fuori, il resto. Con il mio progetto, intitolato, “Il vuoto e il resto”, ho cercato di esplorare la conoscenza di una persona, ma in un modo insolito. Invece di concentrarmi sulla presenza e sulle interazioni dirette, ho scelto di approfondire ciò che emerge attraverso l’assenza. Nel mio lavoro ho cercato frammenti di pensieri, tracce della mente e silenzi eloquenti per dare vita a un dialogo visivo tra l’assenza e ciò che rimane. Ho iniziato con l’aspettativa e l’idealizzazione, ma anche con la sintonia e la fiducia, fino ad arrivare al compromesso che diventa necessario. Mi rendo conto che la perfezione iniziale è solo un’illusione. La carenza si fa sentire e la vulnerabilità e la fragilità emergono. Viviamo la delusione quando le aspettative non sono soddisfatte e la disillusione quando scopriamo che la realtà non corrisponde alle nostre speranze. Tuttavia, il protagonista principale rimane l’assenza, dalla quale nasce il resto e di conseguenza, la mia consapevolezza di un’essenza che non può più essere vissuta e condivisa, ma che racchiude in sé un senso di nostalgia per la spensieratezza generata dalle aspettative iniziali. Con “Il vuoto e il resto” condivido quindi una riflessione intima e personale sulla natura umana e sulle connessioni che si creano e si perdono nel corso del tempo, sapendo che ciò che rimane può permettere una comprensione più profonda della nostra esperienza umana e delle dinamiche delle relazioni che ci definiscono.

BIOGRAFIA
Nato a Firenze nel 2002, fin da bambino ha coltivato una profonda passione per la fotografia. Dopo aver completato gli studi presso il Liceo di Agraria, ha deciso di perseguire la sua passione iscrivendosi alla Libera Accademia di Belle Arti (LABA) di Firenze, dove ha iniziato a studiare fotografia. Nel corso degli anni, Giovanni ha dedicato il suo impegno a diversi progetti personali, mostrando un vivido interesse per l’esplorazione della condizione umana attraverso un approccio concettuale alla fotografia. Attraverso le sue immagini, ha cercato di catturare e comunicare emozioni e pensieri. Nel 2023, Giovanni ha avuto l’opportunità di esporre il suo progetto intitolato “Celestial Room” a Roma, nel locale Lynk & Co, in una mostra realizzata in collaborazione con il brand di moda Dotzero. Attualmente vive a Firenze e continua a lavorare attivamente come fotografo.


ELENA IACONO
Stradari delle mie crepe
Elena Iacono

Le pareti della mia nuova abitazione portano addosso crepe che mi hanno inseguita dalla mia vera Casa, sconquassata da un sisma apparentemente invisibile alla quasi totalità del mondo. Ho bisogno di evadere da questa gabbia e di risanare queste lesioni, attraversandole con ogni frammento della mia essenza. Devo scavare più a fondo dentro me: come svincolarmi da questi confini? Una crepa mi isola e mi contiene, mi blocca e mi inghiotte. La continuità di questi segni violenti riuscirà a liberarmi? Per il momento, rincomincio a muovermi. Poi, forse, troverò una direzione.

BIOGRAFIA
Elena Iacono nasce sull’Isola d’Ischia (NA) nel 1997 e nel 2022 si laurea in Didattica dell’arte e mediazione culturale del patrimonio artistico all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Vive a Casamicciola Terme fino al 2017, quando perde la propria Casa a seguito di un sisma. Grazie alla fotografia e alla sua formazione si impegna in una ricerca viscerale sul senso dell’abitare: cerca strategie per vivere al meglio, custode delle sue memorie e sensazioni. Nel 2022 dà vita all’Archivio sentimentale del terremoto: archivio online che vuole condividere e comunicare il patrimonio sentimentale legato al trauma del sisma. Nella sua ricerca di bellezza quotidiana la fotografia è centrale. Ogni scatto è un frammento, un attimo di ciò che le resta: il riflesso dello spazio in cui è immersa.


DAVID PESTELLI
Gnōthi
David Pestelli

“Gnōthi” (dalla massima “Gnōthi Sautón”, ovvero “Conosci te stesso” del Dio greco Apollo) è un invito a conoscere sé stessi e i propri limiti, è una meta verso la propria anima. Un’anima che si riscopre essere parte di un mondo naturale, sospeso nel tempo, che direziona l’esploratore verso la scoperta e il raggiungimento dell’obiettivo di trovare uno spazio dentro sé stesso. Un viaggio che mira a scoprire, tramite l’esperienza diretta, una nuova prospettiva: quella della consapevolezza di sé.

BIOGRAFIA
David (Firenze, 1996) è un giovane fotografo italiano. La sua formazione ha da sempre volto lo sguardo al mondo dell’arte, dai corsi di studio al liceo fino a quelli accademici. Nel 2019 si iscrive al corso di Fotografia presso la Libera Accademia di Belle Arti di Firenze, dove si diploma nel 2023. Attraverso un percorso di studio che ha abbracciato diversi generi fotografici, ha avuto modo di approfondire la sua passione, sperimentando, scoprendosi e conoscendo nuove tecniche. Nei suoi progetti, caratterizzati da uno sguardo concettuale e intimista, intende porsi delle domande riguardo l’esistenza, ed utilizza il medium fotografico come la lente d’ingrandimento di un esploratore, che indaga e si sposta tra l’universo interiore e quello esteriore. Il suo stile è in costante mutazione, alla ricerca di nuove tecniche e mezzi espressivi in grado di dare voce al suo modo di percepire il mondo. Al momento vive e lavora a Firenze.


FABIO SAMELA
Fa(b)io
Fabio Samela

La nascita di Fab(b)io deriva dalla mia necessità di espormi al pubblico, senza filtri e peli sulla lingua, ho bisogno di mostrare le mie ferite; per far si che io e nessun’altro ripeta questi errori. A volte mi piace scherzarci sopra, altre no. Questo sono io, non solo nelle immagini ma nella vita. Come diceva Frida Kahlo, sono la persona che conosco meglio… ora vorrei solo essere il modello da seguire di cui aveva bisogno il piccolo Fab(b)io.

BIOGRAFIA
Fabio Samela, in arte Fab(b)io è un fotografo, visual artist e art director lucano classe ’02 trapiantato a Milano. Diplomato in Audiovisivo e Multimedia, insegue il mondo delle arti visive a Milano studiando Nuove Tecnologie dell’Arte all’Accademia di Brera. Fotografa e si fotografa scrivendo successivamente sugli scatti e sui video che realizza; creando in parallela anche delle video performance che raccontano di sé e di tutto ciò che gli sta a cuore, spesso con un tocco di satira: malinconia d’amore, rappresentazione della comunità LGBTQIA+ insieme allo stereotipo del maschio tipo e libertà sessuale. Nel 2020 espone per la prima volta in una mostra collettiva come artista emergente a Milano durante la mostra Gender Project, per poi iniziare le prime collaborazioni che lo hanno portato ad esporre il suo progetto fotografico “Fab(b) to be” nella sua prima mostra video/fotografica personale a Roma. Da qui in poi arrivano i primi articoli e pubblicazioni riguardanti il suo percorso artistico e le successive mostre fotografiche (personali e non) che percorrono tutto lo stivale; insieme alle prime esperienze come art director e content creator per brand e magazine.


MARTINA SAMONATO
Mono No Aware
Martina Simonato

Se in Occidente la Natura viene dominata e ordinata attraverso l’intervento umano, in Oriente rappresenta uno spirito, un’entità che si genera da sé stessa e che vive in stretto contatto con l’uomo, ne anima l’esistenza, lo accompagna e talvolta gli si oppone in modo ostile. Questa concezione ha portato a una cultura del rispetto nei confronti dell’ambiente naturale e ad un apprezzamento per la qualità effimera di tutta la vita. In Giappone Umanità e Natura rappresentano entità inseparabili, le cui esistenze sono fugaci e inevitabilmente destinate alla decadenza. “MONO NO AWARE” è l’espressione con cui nel Sol Levante si rappresenta la transitorietà dell’esistente e il senso di nostalgia che la consapevolezza di questa impermanenza genera nell’anima. Questa transitorietà si manifesta anche nella costruzione e conservazione degli edifici, realizzati in legno, materiale naturale che con il passare del tempo si corrode, va mantenuto e riparato, diviene parte integrante dell’ambiente che cambia. Il progetto, realizzato nelle prefetture di Nara e Ishikawa, indaga il rapporto tra il mondo antropico e quello naturale e come il lavoro dell’uomo si confronta e interagisce con l’ambiente circostante.

BIOGRAFIA
Nata a Ferrara nel 1996, è una fotografa e architetta con sede a Milano. Ha studiato Architettura all’Università di Ferrara dove si è laureata con la tesi “Lo Spazio Latente”, incentrata sul recupero delle Aree Interne italiane. Le sue ricerche si concentrano sul territorio inteso come entità mutevole in grado di trasformarsi in funzione delle culture che lo vivono, indagano la relazione tra spazio costruito e natura e studiano come l’uomo nel tempo si sia appropriato anche dei luoghi più marginali e trasformativi. Nel 2019 Martina vive in Giappone dove sviluppa il progetto “Mono No Aware” che racconta il rapporto tra Uomo e Natura in Oriente. Il progetto viene selezionato nel 2021 da Fotografia Europea di Reggio Emilia per il progetto Photograph-ER e nel 2023 per The Photo Solstice #5 a Cagliari.