Visual Diaries Collective – In Touch – OFF2021

Visual Diaries Collective

In Touch

Quando è cominciato nessuno era pronto e non lo siamo stati neppure dopo. Quando è accaduto eravamo soli è lo siamo rimasti. Quando è arrivato non avevamo risposte e non le abbiamo tutt’ora. Non abbiamo niente da raccontarvi che non sappiate anche voi, niente da farvi vedere che non abbiate visto, gesti usati, quotidianità solitarie, l’arrivo della sera che intimorisce, una tavola allestita distrattamente, un selfie nel bagno o al supermercato, sentiamo la mancanza di un lavoro che odiavamo, ci manteniamo in esercizio, ci ubriachiamo per fingerci intellettuali, escogitiamo rituali nel fallimentare tentativo di tenerci saldi a qualcosa che era già finito, putrefatto. Ci laviamo le mani come se recitassimo una preghiera, diffidiamo della vicinanza dell’altrui calore corporeo, perdiamo tutto quello che non abbiamo legato a noi da un vincolo contrattuale, amori, lavoro, sesso. Siamo soli. Che grande opportunità. Che paura. Siamo nel flusso, qualcuno è perfino felice ma non può dirlo, i morti che non abbiamo avuto ci impongono ritegno verso chi è stato toccato, aperto, divelto. Possiamo solo mostrarvelo. Com’è. Come siamo stati. Senza poter piangere, senza ispirazione, senza idee, senza capire. Il caffè, un uovo al tegamino, una video chiamata e nessuna certezza.

Come affrontare tempi straordinari, confinamenti e separazioni forzate? Un interrogativo comune ad una popolazione intera che nel caso dei fotografi ha coinciso sia con l’imperativo del “documentare”, quasi fosse obbligatorio cimentarsi nell’impresa, sia con quello dell’esteriorizzazione degli stati emotivi, enunciare, rappresentare il dolore, la paura, la solitudine e la morte. Visual Diaries Collective nasce a Marzo 2020 dall’iniziativa di 6 fotografe/i, immediatamente dopo l’annuncio del lockdown sul territorio italiano, come molti altri collettivi di artisti visuali o fotogiornalistici, e fin da subito si cimenta nel racconto dei mesi trascorsi in solitudine dei suoi componenti, dello stravolgimento dei rituali sociali quotidiani nelle rispettive realtà, prima come reazione istintiva e successivamente approfondendo e interrogandosi sulle potenzialità del medium fotografico per realizzare un lavoro collettivo, non tanto a livello di produzione di un’opera ma come elemento di resistenza all’isolamento, valorizzando il processo e mettendo in secondo piano l’eventuale risultato. Il collettivo come unità, come contrasto all’impossibilità di entrare in contatto fisico tra loro, dunque come terapia prima ancora che come prodotto.

 

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